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19 novembre 2012

Berta Filava.

Pubblico Ascanio Celestini Gava Satira Vignette  Inserto per bambini favola gavavenezia gavavenezia.it illustrazioni

Il Gava illustra Celestini
Pubblicata su Pupù, l'inserto per bambini di Pubblico del 18/11/12


Testo di Ascanio Celestini

Nerone e Berta.
Nerone se ne andava in giro vestito da frate per non farsi riconoscere che era l’imperatore.
A un bel momento si fermava vicino a un pesciarolo che vendeva il pesce e gli faceva «voi che siete pesciarolo, che me lo sapete dire quanto pesce pescate ogni giorno?».
Il pesciarolo gli rispondeva che «non ci riesco a pescarne mai abbastanza per farci un bel guadagno e a mala pena mi basta per sfamare i figli». E Nerone «oltre a ‘sta cosa
c’avete altro da lamentarvi? Del vostro imperatore Nerone, per esempio, che cosa ne pensate?»
E quello, manco gli avessero acciaccato un callo, strillava «ma chi? Nerone? Nerone è ‘na carogna! Pagherei pe’ vederlo affogato nel mare aperto! Che quello manco ai pesci che pesco al fiume gli piacerebbe di avercelo come compagno. Quell'infame sta bene in mezzo ai pescecani!»
«Guardie! –chiamava allora Nerone- prendete ‘sto pesciarolo. M’ha fatto venire in mente una maniera per fargli ricordare il rispetto pe’ l’imperatore! Portatelo al fiume e affogatelo in mezzo ai pesci suoi. Così impara a parlare male di Nerone!» Poi, sempre vestito da frate, se ne andava da un fornaio e gli diceva gentile gentile «fratello mio, voi che fate il fornaio, c’avete da lamentarvi per come vi vanno le cose?»
«A lamentarsi non si finisce mai –gli rispondeva quello- la farina si trova poco, costa assai e il pane me lo comprano solo quando gli abbasso il prezzo».
E Nerone aggiungeva “oltre a ‘sta cosa c’avete altro che vi rode? Vi piace di vivere nella capitale dell'impero? E dell'imperatore che cosa ne pensate?”
E quello, manco gli avessero cecato un occhio, urlava “io gli darei fuoco, ma non dentro al forno mio che se no m'avvelena il pane. Lo brucerei in piazza e so' sicuro che se ogni romano che odia quell'infame portasse un prospero, si accenderebbe una fiamma che dura fino a Pasqua».
“Guardie! –strillava Nerone- prendete ‘sto fornaro. M’ha fatto pensare a un modo per insegnargli che l'imperatore è sacro e dev'esse' rispettato come un dio. Perciò buttatelo dentro al forno e fateci la brace pel pane!»
A ‘sta maniera non c’era uno che si salvava per Roma. E mica solo perché l'imperatore girava mascherato e nessuno lo riconosceva, ma proprio perché Nerone era ‘na carogna e nessuno gli riusciva di dirne bene. A un falegname gli aveva segato ‘na mano, a un maniscalco l’aveva marchiato come una bestia e a un muratore gli aveva fatto le scarpe di cemento.
Ma un bel giorno, nel mentre che se ne va in giro lungo il fiume vede una donnetta che fila la lana.
Gli fa «voi che filate la lana, me lo sapete dire quanta ne riuscite a filare ogni giorno?».
E quella “ne filo quanto basta. Né poca, né tanta. Di più non ci riesco. Di meno non mi basta». E Nerone «oltre a ‘sta cosa c’avete altro da lamentarvi? Del vostro imperatore che ne pensate?» E quella «ma chi? Nerone? Io spero che campi cent’anni!»
«Ma come cent’anni? Tutti dicono che è ‘na carogna. Chi lo vuole affogare e chi lo farebbe arrosto! E voi gli augurate di campare cent’anni?»
«Cent’anni –dice la donnetta- proprio cent’anni. Che dopo una carogna ne viene sempre una peggiore appresso a lui. Se Nerone campa cent’anni, vuol dire che il prossimo imperatore che sarà più infame di lui ci metterà qualche anno di più per arrivare!»
Sentite 'ste parole Nerone si scappuccia. Gli fa «e brava! Sei svelta di lingua e vediamo quanto sei svelta di mano. Tutta la lana che riesci a filare da ora fino a domani mattina portalo al palazzo mio. Portane quant basta. Come dici tu, né poca né tanta. Insomma quella che ti riesce di filare. Ma vieni presto che non c’ho tempo di aspettare!»
A quella poveraccia appena che si era vista davanti il frate scappucciato
e aveva conosciuto che era l’imperatore Nerone, gli era preso un coccolone.
«E che ci vuole fare co’ la lana mia? Mi ci lega? Mi ci impicca?» Né poca né tanta ne doveva filare. Ma quant'è poca? E che vuol dire tanta?
Il giorno appresso se ne va al palazzo di Nerone col suo gomitolo, ma appena arrivata i servi non la fanno entrare. È Nerone stesso che scende le scale, se ne esce dal palazzo e dice «Benvenuta! Hai portato la lana?» «Certo» fa lei. «Speriamo che non sia né poca, né troppa» dice l'imperatore.
E detto questo gli lega il capo del gomitolo alla maniglia della porta del palazzo e fa «Srotola il gomitolo di lana che hai filato. Fino a dove arriverai con la lana srotolata, tutta quella terra sarà tua!» si gira e se ne sta per tornare nel palazzo a non fare niente, ma prima di rientrare chiede alla donnetta «levatemi una curiosità. Come si chiama la donna che m'ha augurato di campare cent'anni?». «Io mi chiamo Berta» dice lei mentre s'allontana srotolando il gomitolo prima che Nerone ci ripensi e ce la impicchi.

Da quel giorno furono tanti i romani che andarono sotto le finestre di Nerone ad augurargli di campare assai, ma quello rispondeva «è inutile che fate tanti complimenti, non è più il tempo che Berta filava!»

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