Mi sono spostato!

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23 ottobre 2012

21 ottobre 2012

La bambina golosa.

Pubblico Ascanio Celestini Gava Satira Vignette  Inserto per bambini favola gavavenezia gavavenezia.it illustrazioni

Il Gava illustra Celestini
Pubblicata su Pupù, l'inserto per bambini di Pubblico del 21/10/12


Testo di Ascanio Celestini

La bambina golosa

E’ il giorno di Carnevale e si fanno le frittelle.
C’è la bambina golosa che non gliene bastano due, che non gliene bastano tre che un’intera padella la vuole per sé!
“Vai a casa di zio Lupo -le fa la madre- e fatti prestare la sua padella. Nella padella di zio Lupo c’entra pure un cinghiale sano sano e resta il posto per le patate”.
La bambina se ne parte e arriva alla casa di zio Lupo.
Quando zio Lupo apre la porta la bambina golosa se lo guarda e dice:
“Ma quanto ti sei fatto vecchio zio Lupo.
Sono venuta l’anno scorso e c’avevi una chioma di capelli neri
e adesso te ne restano solo tre corti e tutti bianchi.
Ma come sei peggiorato zio Lupo che l’anno passato c'avevi una bocca piena di denti
e adesso te ne è rimasto uno solo tutto marcio e puzzolente.
Ma come ti sei fatto brutto zio Lupo che l’anno passato quando ti sono venuta a trovare
eri già parecchio brutto e l’avevo pensato che peggio di così non potevi finire
e invece ti ritrovo adesso che c’hai la pelle floscia, la voce da rospo e gli occhi da pesce lesso”.
“Che vuoi bambina golosa? –fa zio Lupo – Chi t'ha mandato nel bosco da me?
Chi è stata? Mamma tua?”
“Si zio Lupo è carnevale e ci serve la padella per fare le frittelle”.
“Vieni a prenderla. Io te la presto, ma almeno portatemi due frittelle pure a me, ché tutti gli anni vi prendete la padella e io non mi riesco a mangiarmi manco una frittella!”
“Certo zio Lupo –dice la bambina golosa- ti porto un bel pacco di frittelle e ci metto assieme anche una pagnotta di pane e un fiasco di vino”.
La bambina prende la padella e torna a casa dalla madre che non fa in tempo a cucinare le frittelle
che la bambina golosa se le mangia tutte.
La madre gli prepara un canestro con le frittelle, il fiasco di vino e la pagnotta di pane.
“Ma mi raccomando, non te le mangiare, ché sono per zio Lupo!” si raccomanda.
“Certo mamma” risponde la bambina e si dimentica della promessa prima ancora di terminare la frase, perché le bambine golose hanno la memoria corta e l'acquolina in bocca dalla mattina alla sera.
Così che per la strada pensa solo all’odorino che viene su dal canestro e si dice “non è mica una cattiva azione se mi mangio una frittella, tanto nel canestro ce ne sono tante” e ne assaggia una.
E poi “mica è peccato se ci mangio anche un pezzo di pane” e mangia ancora.
Con le frittelle gli viene sete e si beve anche un goccio di vino.
E dopo qualche passo “zio Lupo è vecchio e c’ha solo un dente, mica ci riesce a mangiarsele tutte ‘ste frittelle” e ne assaggia un’altra con un pezzo di pane.
E poi un'altra ancora e un morso alla pagnotta e un altro sorso dal fiasco e ancora una frittella...
che arrivata a metà strada del pane non restano che le briciole, il fiasco è vuoto e nel canestro delle frittelle c’è rimasta solo l’aria di casa!
“Adesso cosa porto allo zio Lupo? Bisogna che mi invento qualcosa!”
Si ferma in una stalla e raccatta un po’ di cacca di somaro.
“Queste saranno le frittelle per zio Lupo!”.
Da una pozzanghera tira su un po’ d’acqua sporca e ci riempie il fiasco “ecco il vino per zio Lupo!”
Dal cantiere dei muratori tira via un bel mattone tondo tondo. “Ed ecco la pagnotta di pane per lo zio lupo”.
Arriva alla casa nel bosco, chiama “zio Lupo! Scendi, vieni a riprendere la tua padella e le buone cose che ho preparato per te!” e se ne scappa.
Zio Lupo corre a pescare nel canestro e si mangia una frittella, ma fa in tempo a mandarla giù nel gozzo che la sputa “altro che frittelle! Questa è cacca di somaro! Che manco le frittelle rancide sanno di marcio come questa! Ma è il modo questo di trattare un povero vecchio?”.
Per sciacquarsi la bocca beve dal fiasco del vino e sputa di nuovo “ma questa è acqua sporca di pozzanghera! Manco la morchia è così puzzolente!”
Addenta un pezzo di pane e con un mozzico che da’ al mattone gli casca l’ultimo dente che gli era rimasto in bocca.
“Peggio per te, bambina golosa, stanotte vengo a casa tua e ti mangio!”

La bambina scappa a casa e dice alla madre “zio Lupo ha detto che viene da me e mi mangia!”.
La mamma gli fa “ma no che non ti mangia. Il povero zio lupo ha mangiato le frittelle, la pagnotta di pane e si è bevuto tutto un fiasco di vino. Ormai c’ha la pancia piena. E comunque ci chiuderemo in casa e non lo faremo entrare”.
Così chiude l'uscio e inchioda le finestre.
Ma si fa notte e la bambina sente una voce.
“Sono zio lupo, ho la pancia vuota e tanta fame. La porta è chiusa, ma ora trovo il modo e la maniera di entrare dentro e ti mangio!”
Si arrampica su per il muro. Arriva sul tetto e… “sono sul tetto. Adesso cerco un buco per entrare e ti mangio!”.
Si infila nella canna del camino come la Befana e dice “sto’ passando dal buco del camino. Adesso che arrivo ti mangio!”
“Eccomi dentro casa, bambina golosa. Non serve che ti nascondi che tanto arrivo e ti mangio!”.
“Adesso salgo le scale!
Adesso sto dietro alla porta!
Adesso sono nella tua stanza!
Adesso sono ai piedi del letto.
Adesso salto sopra e ti mangio!”

E se la mangiò.
Così tutti sanno che da quel giorno, anche senza denti, zio Lupo si mangia le bambine golose.

18 ottobre 2012

Achille gatto.

Francesca Fornario Pupù Pubblico Doreciakgulp Gava Satira Vignette gavavenezia gavavenezia.it illustrazioni

Il Gava illustra Francesca Fornario
Pubblicata su Pupù, l'inserto per bambini di Pubblico del 7/10/12
In onda durante il TG1 del 13/10/12 su Doreciakgulp (minuto 26:22)

Filastrocca di Francesca Fornario

Dura lex.

Gava Satira Vignette dura lex


Pubblicata su La rete del Grillo del 22/10/12

01 ottobre 2012

L'uomo eterno.

Pubblico Ascanio Celestini Gava Satira Vignette  Inserto per bambini favola gavavavenezia.it gavavenezia illustrazioni


Il Gava illustra Celestini
Pubblicata su Pupù, l'inserto per bambini di Pubblico del 30/09/12


Testo di Ascanio Celestini

L'uomo eterno.
Un bel giorno questo ragazzo va dal padre e dalla madre e vede che sono diventati vecchi. “Io mica voglio diventare vecchio come a voi! E nemmeno morire! Voglio trovare il modo di campare in eterno!” “Nessuno campa in eterno” gli spiegano il padre e la madre, ma il ragazzo non sente ragioni, esce di casa, si mette la strada sotto a le scarpe e parte. A un bel momento vede uno che cammina col cappello in mano. Pensa “Questo mi sembra un furbo e la maniera di campare assai l’ha sicuramente trovata!” Va da questo e gli dice “me lo potete dire che cosa ci state facendo con questo cappello in mano?” Quello del cappello gli risponde “vado verso la montagna e smonto la montagna sasso per sasso. E sasso per sasso lo porto via dentro a questo cappello. Perché io ho fatto un patto. Che io vivrò fino a quando sta in piedi la montagna. Io camperò fino a quando ci starà almeno un sasso di questa montagna. E fino a quando non l’ho smontata sasso per sasso io camperò. Anzi, se mi vuoi dare una mano d’aiuto, la montagna la smontiamo assieme. E camperai te quanto camperò io”. Ma il ragazzo gli chiede “e quanto tempo ci metteremo a smontarla? Quanto camperemo?” Quello del cappello fa “ma l’hai vista la montagna? È grande! Ci metteremo almeno trecento anni!” “Trecento anni? –dice il ragazzo- Così poco camperemo? Trecento anni non mi bastano! Io voglio campare in eterno … e la montagna ve la smontate da solo!”
Detto questo, se ne va e cammina finché vede uno con un secchio in mano. Pensa “questo si che deve essere un furbo. È sicuro che il modo di vivere a lungo l’ha trovato!” e gli fa “Sentite un po’, me lo potete dire che cosa ce state facendo con quel secchio?” e quello “vado verso il mare e a poco a poco lo svuoto tutto. Perché io ho fatto un patto. Che io vivrò fino a quando c’è una goccia di questo mare. E camperò fino a quando non l’ho svuotato. Anzi, se mi vuoi dare una mano, lo svuotiamo assieme. E tanto camperai te quanto camperò io” Che il ragazzo chiede “e quanto ci metteremo a svuotarlo il mare? Insomma quanto camperemo?” Quello del sechio risponde “Ma l’hai visto il mare? È grande! Ci metteremo almeno mille anni!” “Mille anni? Così poco camperemo? –fa il ragazzo- Io mica voglio morire giovane! Mille anni non mi bastano. Io voglio campare in eterno” e se ne va via.
A un bel momento si trova in un bosco. Vede una casa. Affacciato alla finestra c’è uno. Il ragazzo pensa “chi è questo qui?” e gli chiede “che cosa state facendo alla finestra”. Quello affacciato risponde “niente!” “Ma come niente? E com’è che vi trovate lì? Che state a fare dentro a questa casa?” “Ho fatto un patto –dice quello affacciato- che fino a che sto chiuso dentro alla casa io vivrò. Anzi se vuoi stare nella casa insieme a me, camperai tanto quanto camperò io e ci facciamo pure compagnia”. Il ragazzo chiede ancora “E dentro alla casa quanto tempo ci possiamo restare, insomma fino a quando camperemo?” Dice quello alla finestra “ci possiamo stare pure in eterno!” “In eterno? Ma allora lo vedi che la maniera di non morire c'è! Bisognava solo avere pazienza, ma l’ho trovata!” Se ne va dentro alla casa e resta la dentro per tanto tempo assai. Tanto che il tempo che passa manco lo conta più.
E questi dentro alla casa fanno il comodo loro, mangiano bevono e dormono finché, dopo tanto tempo assai, questo ragazzo va da quello alla finestra e gli fa “io non è che mi sono stufato, ma vorrei sapere se è possibile uscire un momento. Il tempo di tornare al paese mio, di vedere se qualcuno si ricorda di me” Ma quello alla finestra dice “il patto è chiaro. Appena esci finisce il tempo tuo, tu muori. Dalla casa non si esce vivi! Se vuoi campare in eterno devi restare qua dentro alla casa. Però un modo ci sarebbe. Se vai nella stalla ci trovi una somara. Monta sulla somara e in groppa alla somara puoi andare dove ti pare. Però mi raccomando, non devi mai scendere dalla somara! Ché appena scendi dalla somara tu muori!” “E chi scende ! –fa il ragazzo- la somara mi risparmia pure la fatica di camminare!”
Il ragazzo va nella stalla, monta sulla somara e se ne scappa fuori dalla casa. A un bel momento, lungo la strada, si trova davanti a una buca immensa, quattro ossa per terra e un secchio. “Aaah! Ma qua c’era il mare, quello del secchio l’ha svuotato, mille anni sono passati ed è morto! Io invece campo ancora, io si che sono stato furbo, io camperò in eterno!” Sempre a cavallo della somara continua la strada. A un bel momento si trova davanti a una pianura infinita. “Aaaah! Ma qua ci stava la montagna! Quello l’ha smontata tutta fino all’ultimo sasso. E mica era tanto furbo se poi è morto pure lui. Adesso è morto e di quello non c’è rimasta nemmanco la puzza! Ho fatto bene io che camperò in eterno. Io si che sono un furbo!” A un bel momento arriva al paese suo, ma del paese non c’è rimasto più niente. Non è più nemmeno un paese. E nemmeno può chiedere a qualcuno se si ricorda di lui, perché non c'è più nessuno a cui chiedere.
“Non me ne importa niente -pensa – io sono tornato solo per la curiosità di sapere se il paese mio c'era ancora. La curiosità me la sono tolta e adesso me ne ritorno alla finestra fino alla fine dell'eternità”.
Gira la somara e torna indietro per la strada sua. A metà della via si trova davanti a una vecchia buttata per terra in mezzo alla strada, col carretto rovesciato da una parte, che chiede aiuto “meno male che siete passato voi, giovanotto sto buttata qua in mezzo alla strada, datemi una mano d’aiuto!” “Ma io non vi posso aiutare –gli fa quello- devo andarmene via di fretta!” “Ma che dite? –fa la vecchia- e che c’avete la coscienza di lasciarmi in mezzo alla strada come un’accattona? Ma voi siete una bestia, una carogna!” “Ma non vi posso dare una mano –dice il ragazzo- pensate un po’ voi che vado così di fretta che manco posso scendere da questa somara !” “E chi v’ha chiesto di scendere dalla somara –dice la vecchia- voi vi avvicinate con la somara vostra, io ci attacco il carretto mio e voi mi date un passaggio fino a casa!” “E va bene –fa il ragazzo- se è soltanto per questo, vi posso servire”. Gira la somara, va verso la vecchia e vede che nel carretto della vecchia è pieno di scarpe rotte. Le fa “voi siete vecchia e girate da sola invece di restarvene tranquilla a casa come tutte le vecchie! E vi portate dietro pure questo carretto pieno di scarpe rotte. Ma chi siete voi, una stracciarola?” Allora la vecchia lo prende per un braccio e lo tira giù dalla somara “Chi sono io? –dice- Io sono la morte! E queste sono tutte le scarpe che m’hai fatto consumare per cercarti in giro nel mondo!
Ma adesso è finita! Adesso è davvero finita!”

Dimenticare è facile, facile come sbagliare.

Gava Satira Vignette dimenticare è facile sbagliare